Tempo tuta e orario di lavoro: quando il tempo per indossare la divisa è retribuito e per quali categorie di lavoratori

Pubblico impiego

27 Giugno 2025 StudioLegale

Cosa si intende per tempo tuta?

Con l’espressione tempo tuta si fa riferimento al periodo impiegato dal lavoratore per indossare e togliere la divisa obbligatoria richiesta per svolgere l’attività lavorativa. Questo tempo, noto anche come “tempo di vestizione e svestizione”, ha sollevato nel corso degli anni numerosi interrogativi in merito alla sua inclusione nell’orario di lavoro retribuito.

Tale questione assume particolare rilevanza per tutte quelle professioni in cui l’utilizzo della divisa non è una semplice formalità, ma un obbligo funzionale all’attività svolta. È il caso, ad esempio, degli operatori sanitari, per cui l’adozione della divisa rappresenta una misura igienico-sanitaria imprescindibile.

Il nodo centrale della questione è stabilire se il tempo speso per vestirsi e svestirsi debba essere lavoro effettivo, e quindi retribuito, oppure no. La risposta dipende da diversi fattori, fra cui la presenza di eterodirezione, la regolamentazione interna, la consuetudine aziendale e le previsioni del contratto collettivo applicabile.

 

 

Tempo tuta e articolo 1 del D.Lgs. 66/2003: come si definisce l’orario di lavoro

L’art. 1 del D.Lgs. n. 66/2003 definisce l’orario di lavoro come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

Questa definizione apre alla possibilità di includere nel computo anche i momenti antecedenti e successivi alla prestazione vera e propria, se essi sono necessari per rendere la prestazione lavorativa conforme ai requisiti di legge o aziendali.

 

 

Come si calcola il tempo di vestizione nell’orario di lavoro

Non esiste un criterio rigido per la quantificazione del tempo tuta, che deve essere valutato caso per caso.

Tuttavia, molte sentenze hanno fissato parametri orientativi.

Ad esempio, nella sentenza n. 992/2024 della Corte d’Appello di Palermo, ai lavoratori (infermieri e OSS) è stato riconosciuto un diritto al pagamento di 15 minuti al giorno per le operazioni di vestizione e svestizione, essendo queste effettuate al di fuori dell’orario contrattuale e nei locali aziendali, come dimostrato dalle timbrature giornaliere.

Il tempo tuta, quindi, può essere stimato in base a:

  • documentazione delle timbrature di ingresso e uscita;
  • testimonianze;
  • prassi aziendali consolidate;
  • assenza o presenza di recuperi/compensazioni.

 

 

Tempo tuta camice bianco dottore BC&Partners

 

 

Quando il tempo tuta è retribuito: il ruolo dell’eterodirezione

Il principio dell’eterodirezione gioca un ruolo chiave nel riconoscimento economico del tempo tuta.

Si parla di eterodirezione quando il datore di lavoro impone, anche implicitamente, modalità, tempi e luoghi in cui effettuare la vestizione.

Secondo la giurisprudenza (Cass. n. 17635/2019, Cass. n. 8623/2020, Cass. n. 18612/2024), il tempo di vestizione deve essere retribuito se:

– è obbligatoriamente svolto nei locali aziendali;

– è funzionale alla sicurezza, igiene o immagine dell’ente;

– è implicito nell’organizzazione del lavoro (eterodirezione implicita);

– il datore non impedisce o sanziona la condotta dei lavoratori che anticipano o posticipano l’orario per vestirsi/svestirsi.

Nel caso deciso dalla Corte di Palermo, nonostante l’Azienda sanitaria non avesse impartito ordini espliciti, il comportamento tollerato e reiterato dei lavoratori è stato considerato autorizzato implicitamente.

 

 

Tempo tuta non retribuito: i casi esclusi dal riconoscimento economico

Esistono situazioni in cui il tempo tuta non dà diritto a retribuzione, come ad esempio:

  • quando la vestizione può avvenire liberamente presso il proprio domicilio;
  • se non vi è alcuna direttiva aziendale o necessità igienico-funzionale a cambiarsi in loco;
  • se il tempo speso non incide sull’orario effettivo di inizio e fine turno.

La chiave di volta resta sempre il carattere di necessarietà, obbligatorietà e funzionalità delle operazioni di vestizione rispetto alla mansione.

 

 

Chi ha diritto al tempo tuta retribuito: categorie di lavoratori tutelate

Le categorie maggiormente interessate da questo diritto includono:

  • Operatori sanitari (infermieri, OSS, medici);
  • Addetti alla sicurezza;
  • Lavoratori impiegati in stabilimenti alimentari o farmaceutici;
  • Personale addetto alla manutenzione in ambienti con DPI obbligatori;
  • Addetti alle pulizie ospedaliere e ambienti contaminati.

Per queste figure, l’uso della divisa non è accessorio, ma rappresenta un vincolo professionale e normativo.

 

 

tempo tuta, una farmacista indossa la divisa a lavoro BC&Partners

 

 

Tempo tuta e contratto collettivo: un diritto sempre garantito?

Il riconoscimento del tempo tuta può essere disciplinato o integrato dal contratto collettivo nazionale (CCNL), ma non è esclusivamente subordinato a esso.

Infatti, come conferma anche la giurisprudenza, in assenza di disposizioni esplicite nel CCNL, è comunque possibile ottenere il riconoscimento sulla base di norme generali, prassi aziendali e principio di buona fede.

 

 

Cosa può fare il lavoratore in caso di mancato riconoscimento del tempo tuta

In caso di diniego o silenzio da parte del datore, il lavoratore può:

  • richiedere formalmente il riconoscimento delle ore non retribuite;
  • documentare timbrature e testimonianze;
  • in ultima istanza, promuovere un ricorso giudiziale.

 

 

Tempo tuta sanità BC&Partners

 

 

Tempo tuta in busta paga: come viene indicato e quali voci controllare

Il tempo tuta può essere indicato in busta paga in diverse voci, come:

  •  “indennità tempo di vestizione”;
  • “maggiorazione oraria extra orario”;
  • “compenso accessorio CCNL”;
  • oppure essere inglobato nel “monte ore retribuito”.

È consigliabile confrontare le timbrature giornaliere con l’effettivo monte ore retribuito indicato in busta paga per verificare eventuali discrepanze.

 

 

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